Nel 1576 ebbe inizio il rifacimento della chiesa di S. Niccolò (la prima risaliva al XII sec.), progettista Ippolito Scalza, "urbevetanus" (come si definisce lui stesso nella firma apposta sul gruppo marmoreo della Pietà, che si trova nel Duomo di Orvieto), il quale seguì personalmente i lavori per circa 10 anni; soltanto nell'ultimo periodo fu sostituito da Antonio Carrarino, durante la costruzione del campanile. S. Niccolò è il primo edificio religioso dello Scalza. La chiesa ha un'intonazione toscana sia all'interno che all'esterno. Le chiese a cui fa riferimento sono il San Salvatore al Monte di Simone Pollaiolo (detto il Cronaca) a Firenze, la chiesa di Santa Maria in Gradi ad Arezzo di Bartolomeo Ammannati e la chiesa di S. Giovannino sempre dell'Ammannati. L'interno di S. Niccolò è ad una sola aula con due cappelle; alle pareti lo Scalza propone un ordine di paraste inquadranti archi, sormontato da un attico finestrato. La pietra grigia basaltina e l'intonaco danno un'intonazione toscana, brunelleschiana. Le finestre, internamente, presentano una rifinitura da esterno, nell'impossibilità di trattare le pareti esterne che sono rustiche. Il grande arco prima del coro è di ispirazione bramantesca. Nella cappella del SS. Sacramento, a destra, un prezioso trittico di Giovanni di Paolo, senese (1440), rappresenta la Madonna, S. Nicola e un altro santo. Sotto l'altare riposa il corpo di S. Longino, compatrono del paese. Il soffitto, a cassettoni, è stato restaurato da Paolo Zampi, ingegnere orvietano, nei primi anni del 1900; precedentemente era ricoperto da un grande telo sul quale erano dipinti la Madonna tra gli angeli sopra una grande nuvola e S. Nicola in basso. Sopra la porta centrale, nel 1700, fu posto un bellissimo organo; la spesa fu sostenuta dalla Confraternita di S. Bernardino con un contratto del 20 ottobre 1777, che commissionava lo strumento alla ditta F. lli Fedeli di Camerino. Costò 186 scudi e 81 baiocchi. L'organo conta 500 canne ed è a una sola tastiera; è uno strumento piccolo, destinato, come tutti gli organi del XVIII sec. in Italia, all'accompagnamento del canto corale, a differenza dei ricchissimi organi delle chiese del nord Europa, alcuni dei quali contano anche 5 tastiere. Per quanto riguarda la facciata, ecco come viene osservata dall'architetto Renato Bonelli, di Orvieto (autore di molti testi e studi, alcuni dei quali riguardanti il Duomo di Orvieto): "...armonia felice nella zona inferiore; purezza di linee, purezza compositiva e di disegno: una facciata disegnata che pian piano sfuma in alto in una diversa plastica. In basso la trabeazione corre rettilinea, non ha risalti, ha solo un risalto d'angolo, invece in alto la trabeazione è rotta più volte in corrispondenza del timpano secondario e delle lesene superiori. Quindi la facciata man mano che marcia verso l'alto si sfrangia, si articola, ha delle variazioni che contribuiscono a darle slancio. Le porte hanno un'aria fiorentina, sembrano disegnate da un toscano". (Conferenza ISAO-1989) Le porte, le nicchie, le guglie della facciata sono aderenti al lessico sangallesco. La chiesa era in sintonia con le formulazioni del Concilio di Trento.